EDITORIALE DI ELIO ROSSI
“Consunta e non risolta” sono le parole con cui Amedeo Bianco, Presidente in carica della FNOMCeO, ha sintetizzato pochi mesi fa la questione della regolamentazione delle medicine complementari/non convenzionali. L’occasione è stata fornita dal seminario di Rieti del novembre scorso che ha definito le linee guida ordinistiche sul tema della formazione in medicina complementare. Come si è arrivati, sette anni dopo Terni, dunque a questo significativo passo avanti? Proviamo a ripercorrere, rapidamente, questo percorso.
La prima proposta di legge in tal senso porta la firma di Maria Pia Garavaglia ed è del 1986! A questo primo tentativo di carattere normativo ha fatto seguito una prima fase nei primi anni ’90 con una prima serie di proposte di legge depositate in parlamento e che lì sono rimaste senza alcun seguito nonostante la disponibilità della Deputata relatrice del testo On. Mariella Gramaglia. Poi più nulla per il resto degli anni ‘90, o meglio tanti interventi ma tutti, o quasi, di carattere regolatorio, dal Decreto Poggiolini che regolava la commercializzazione dei farmaci alla decisone, nel 2001, dell’allora ministro della Salute Girolamo Sirchia di escludere dai Livelli essenziali di assistenza (LEA) le medicine non convenzionali. Una parentesi interessante, va ricordato, è stato il decreto 229, promosso dal ministro Rosi Bindi, il primo e forse unico Ministro che ha partecipato a un Congresso di MnC (Firenze 1998) che inseriva le medicine non convenzionali come “integrazione” delle prestazioni assistenziali del sistema sanitario nazionali. Il primo tentativo che per un certo periodo ha fatto sperare a tutto il settore una felice conclusione del processo legislativo è stato realizzato prima nella XIII Legislatura, relatore l’On. Paolo Galletti, e successivamente, nella XIV Legislatura(relatore l’On. Francesco Paolo Lucchese), proprio a ridosso della Dichiarazione di Terni del 2002, con cui la FNOMCEO decretava le medicine non convenzionali “atto medico” e chiedeva una normativa al riguardo. Fu la determinazione dell’ On. Lucchese a illuderci che forse l’approvazione di una legge era possibile. In particolare quando fu nominato ministro Francesco Storace, certamente più disponibile all’ascolto e all’operatività, tanto da proporre una legge delega, mai realizzata, per abbreviare i tempi parlamentari.
Altrettanto favorevole, va ricordato, è stato l’atteggiamento del ministro Livia Turco, in una legislatura iniziata sotto i migliori auspici ma durata troppo poco per poter arrivare quanto meno alla definizione e all’approvazione di un testo unico in Commissione Salute. Siamo giunti così, anno dopo anno, ai giorni nostri dove nulla di significativo sembra accadere, tanto a livello parlamentare quanto governativo. Ci sono sempre le diverse proposte di legge depositate, ma niente sembra ispirare i parlamentari né di maggioranza né di opposizione, peraltro in un Parlamento che sembra sempre più spogliato delle sue prerogative di sede naturale del potere legislativo, come rilevano tutti i commentatori politici. E anche i pochi segnali lanciati non sono incoraggianti. Si pensa di “regolare” (leggi “limitare”) il mercato dei farmaci non convenzionali e ancora aspettiamo un Decreto attuativo per l’articolo approvato nella Finanziaria 2007 che definisce la chiropratica come professione sanitaria. In questo quadro, l’unica iniziativa positiva, e forse l’unica possibilità concreta a breve termine, è stata la decisione, inizialmente delle Regioni poi con l’adesione della FNOMCeO, di inserire questa problematica nell’ambito della Conferenza Stato Regioni e province autonome, le cui disposizioni hanno un valore di fatto, di legge.
Sulla base di un documento elaborato dal Tavolo tecnico Medicine Complementari, approvato dalla Commissione salute, si è arrivati all’elaborazione di una proposta finale approvata dal Consiglio nazionale della FNOMCeO lo scorso mese di dicembre che definisce le linee guida per la formazione e l’accreditamento degli istituti formativi di medicine complementari/non convenzionali. Ormai siamo alla fine della legislatura regionale, non ci sono quindi i tempi tecnici per arrivare a una rapida approvazione da parte prima degli assessori alla salute delle regioni, poi dei presidenti infine del governo, ma la strada è aperta. Si tratta di percorrerla con decisione anche dopo le prossime elezioni regionali, anche con maggioranze diverse da quelle attuali.
Se poi a questa soluzione si affiancherà la via maestra parlamentare, con una legge nazionale, tanto meglio: il documento eventualmente approvato dalla conferenza potrà in ogni caso fornire un’ottima base per una migliore regolamentazione legislativa.