SULLO “STATO DI SALUTE IN SOGGETTI IN ETÀ PEDIATRICA IN TERAPIA OMEOPATICA”
L’Associazione Lycopodium sta inoltre organizzando una sperimentazione di un Estroprogestinico diluito e dinamizzato alla 30CH; non si tratta di un proving realizzato secondo un protocollo classico, ma una estensione di un lavoro già presentato al Congresso della Liga ad Amsterdam sui sintomi prodotti dagli estroprogestinici; in questa occasione abbiamo rivisto le norme di G.C.P. (Good Clinical Practice) che regolano la ricerca sull’uomo adattandole alla nostra prassi sperimentale.
NORME E RESPONSABILITÀ NEL PROVING OMEOPATICO
La posizione in cui si trova la medicina omeopatica e tutte le medicine non convenzionali (MNC) nei confronti della legge porta il ricercatore ad affrontare problematiche particolari sia nella procedura sperimentale che su un piano deontologico.
Ci siamo chiesti quali responsabilità e quali ambiti clinici riguardino i protagonisti di una sperimentazione di un farmaco omeopatico sull’uomo sano e quali coincidenze ci siano tra il cosiddetto proving omeopatico e la sperimentazione clinica convenzionale in merito alla normativa vigente.
Tali norme emanate nel 1990 dal Committee for Proprietary Medicinal Products della CEE si rivolgono a tutti coloro che sono coinvolti nella elaborazione di dati clinici sui farmaci sperimentati.
Il fatto che il rimedio omeopatico non venga considerato un farmaco a tutti gli effetti pone lo sperimentatore in una posizione ambigua sulle responsabilità e sulle garanzie per la realizzazione di una buona sperimentazione. Da una parte esistono i requisiti specifici per sperimentare correttamente il farmaco omeopatico che risalgono sia agli autori classici che a quelli moderni (vedi bibliografia provings), dall’altra le norme di buona pratica clinica (Good Clinical Practice – GCP) che disciplinano gli studi clinici dei farmaci candidati a una registrazione ufficiale.
La ratifica italiana della Direttiva CEE 92/73 che amplia il campo d’applicazione delle direttive CEE 65/65 e 75/319 ha rappresentato un passo in avanti nella regolamentazione internazionale della normativa riguardante la produzione, la distribuzione e l’impiego dei medicinali omeopatici.
La difficoltà del legislatore a inserire nella legge un protocollo convenzionale di metodologia statistica evidenziata nella premessa della direttiva del consiglio CEE 92/73, non cambia di fatto dal punto di vista farmacologico e scientifico il valore attribuito al farmaco omeopatico.
Dopo la direttiva 92/73 CEE, il Parlamento europeo ha approvato in data 29 Maggio ’97 una risoluzione sullo statuto delle MNC; nella risoluzione non solo si delinea l’organizzazione della professione degli operatori (la formazione, la deontologia, i registri) ma viene considerata essenziale la dimostrazione dell’efficacia, qualità e innocuità dei medicinali (punti N,O e paragrafi 2,4,5,6).
Nella nostra sperimentazione partiamo dal presupposto che il rimedio omeopatico sia un farmaco, con delle precise proprietà farmacologiche, con una farmacodinamica testabile e verificabile sperimentalmente secondo le proprie leggi.
Per impostare il proving omeopatico ci siamo quindi mossi con l’intento di osservare le norme di GCP ed eseguire uno studio clinico che risponda ai due scopi primari di tali norme, ovvero:
- garantire una certa “credibilità” dei dati e la relativa possibilità di verifica
- assicurare la protezione dei diritti, la integrità e la confidenzialità dei soggetti testati.
La direttiva CEE 91/507 recepita dal Ministero della Sanità il 27/04/92 contempla il rispetto di svariati criteri di garanzia per ottenere una buona sperimentazione, ovvero:
- le norme di Buona Fabbricazione (GMP) che si riferiscono alla qualità del prodotto
- le norme di Buona Pratica di Laboratorio (GPL) che coincidono con la sicurezza del prodotto
- le garanzie di efficacia del prodotto.
Il proving omeopatico può ottemperare a tali requisiti, sia per quanto riguarda la garanzia di una preparazione farmacologica tecnicamente valida, che per la prassi sperimentale vera e propria garantita dal direttore della sperimentazione e dai medici esaminatori (vedi risorse uomo).
Le norme di GCP devono essere note sia al committente (in questo caso rappresentato dalla nostra Associazione che allo staff medico protagonista dello studio).
Nel Glossario della Direttiva, lo sperimentatore viene definito come una o più persone responsabili dell’attuazione pratica dello studio e dell’integrità, salute e benessere dei soggetti testati;
Secondo il testo lo sperimentatore deve essere inoltre:
- un operatore adeguatamente qualificato e legalmente autorizzato a svolgere la professione di medico
- preparato ed esperto nella ricerca in particolare nell’area clinica oggetto dello studio
- persona di riconosciuti valori etici e professionali.
Ulteriori indicazioni e norme concernenti la sperimentazione sull’uomo sano si possono trovare direttamente nel testo ministeriale riguardante le responsabilità dello sperimentatore (vedi Tab. I).
In linea di principio il nostro progetto di proving omeopatico risponde ai requisiti contemplati nel testo nelle sue direttive fondamentali. Nel testo vengono esaminate le condizioni che fanno parte di una prassi sperimentale consolidata in ambito convenzionale; questi elementi trasportati nel proving omeopatico assumono un altro valore e andranno quindi esaminati e valutati in ambito metodologico e statistico con diversa intenzione rispetto a quella omologata ufficialmente; ci riferiamo agli studi sulla cinetica, distribuzione ed eliminazione del farmaco, agli studi dose/risposta e concentrazione/effetto, alla tollerabilità e alla interazione tra farmaci.
Nel caso di un proving omeopatico la raccolta e l’elaborazione dei dati è centrata essenzialmente sulle variazioni sintomatologiche osservate nei provers durante la ricerca clinica. I dati che riguardano le voci sopra menzionate nel testo ufficiale assumono diversi significati, ovvero un dato di laboratorio o una rilevazione sintomatica oggettiva possono rappresentare una conferma e non un obbiettivo primario della ricerca.
A proposito dei criteri d’inclusione proposti dal protocollo europeo, riteniamo che sia sufficiente secondo i nostri obbiettivi statistici e secondo i nostri mezzi una sperimentazione in doppio cieco che coinvolga 30 soggetti a cui viene somministrato il farmaco da sperimentare a potenza fissa contro placebo.
In sintonia con le GCP concordiamo che lo staff di sperimentatori debba possedere una adeguata conoscenza ed esperienza nell’area della ricerca tale da affrontare clinicamente tutte le numerose evenienze che si possono verificare nel corso del proving omeopatico. Tali evenienze vanno codificate e attentamente seguite da parte dei medici esaminatori; questo passo rappresenta dunque il requisito essenziale affinchè il proving omeopatico venga ben condotto.
Ovviamente vammo rispettati anche i canoni che riguardano le indicazioni più propriamente legate alla metodologia dell’approccio omeopatico, evitando attentamente le condizioni che possono insidiare e alterare la rilevazione e la significatività dei dati: per ottenere una rigorosa osservazione occorre mettere in atto un’adeguata metodologia preceduta da un periodo di analisi della sintomatologia di almeno un mese prima all’assunzione del rimedio/placebo.
Nel nostro caso il ruolo contemplato del coordinatore locale (vedi punto “f” del dossier INVESTIGATOR’S BROCHURE) può benissimo venire incorporato nelle funzioni del direttore della sperimentazione che ha il compito di fornire indicazioni ai medici esaminatori, sovraintendendo e seguendo attivamente l’andamento dei casi.
Come già accennato, con il proving omeopatico si devono affrontare singolarità farmacologiche e deontologiche che si discostano dalla prassi codificata e descritta nel testo.
Il punto “g” del testo tratta delle autorizzazioni da sottoporre agli Organismi Preposti e al Comitato Etico.
Non è certo questa la sede per entrare nel merito di una dettagliata valutazione delle condizioni deontologiche, ma ribadiamo che il rispetto dell’integrità dei soggetti volontari rappresenta l’elemento principale da seguire anche nella nostra sperimentazione.
Se da una parte il farmaco omeopatico si sottrae alle procedure di registrazione e di autorizzazione del Ministero della Sanità (vedi vari D.M. nella Tab. II) e delle legislazioni regionali, dall’altra esso deve rispondere a requisiti farmacodinamici che vanno valutati di volta in volta in sede adeguata a seconda del farmaco testato.
Il fatto che i medicinali omeopatici (vedi direttiva CEE 92/73) rientrano da poco e senza possedere i necessari requisiti sperimentali nella categoria di farmaci e quindi nelle procedure e nelle notifiche ufficiali, non esime il ricercatore omeopatico a orientare la sua ricerca in ambito ufficiale verso progetti diversivi come le iniziative di Ricerca Sanitaria Finalizzata regolata dall’articolo 16 della Giunta Regionale 61/90. Ci riferiamo nel nostro caso alla Regione Toscana e ad un estratto del B.U. n°55 del 30/9/92 e in particolare ai punti A.2.3.-A.2.4. dove si parla di REALIZZAZIONE DI CARTELLE MEDICHE ORIENTATE PER PROBLEMI.
Ricordiamo che in attesa di una legge e dell’adozione di una farmacopea comune europea il farmaco omeopatico rientra ancora nella procedura della registrazione semplificata dove non si richiede una dimostrazione biochimica dell’effetto terapeutico e tossicologico (Art.5 del decreto legislativo 17 Marzo 1995, n°185).
Per quanto riguarda il punto “i” dove viene formalizzato l’obbligo del ricercatore clinico di rispettare il consenso informato, aggiungiamo che il medico esaminatore deve fornire al volontario il massimo della disponibilità e della chiarezza in merito all’effetto farmacologico della sostanza testata.
Nella compilazione del dossier personale occorre osservare rigorosamente il principio della riservatezza attribuendo un codice a ogni caso clinico. Da parte sua il volontario controfirmando il consenso secondo gli obblighi di legge, deve rispettare tutti i punti esposti nel progetto fornendo le informazioni necessarie, cooperando e valutando con il medico esaminatore le eventuali condizioni che comportano la sospensione del proving in conformità con quanto stabilito nel protocollo (vedi punto k).
La prassi osservata nel proving omeopatico si può sovrapporre a quella suggerita dalla Commissione Europea per quanto riguarda gli obblighi procedurali di apertura del codice, l’apposizione del motivo della sospensione, la trasmissione dei dati clinici che andranno gestiti in sede opportuna (vedi ruolo del biometrista).
L’affidabilità dei risultati è basata sulla corretta applicazione di tutti i passaggi contemplati dalla procedura sperimentale omeopatica dove sono riportati in dettaglio gli obblighi che vincolano tutti i gestori dei dati clinici (volontari, medici esaminatori, direttore della sperimentazione, biometrista) a osservare tutte le indicazioni a partire dalla compilazione della cartella clinica (detta anche dossier o file del paziente) per finire ai risultati elaborati.
Al termine degli studi lo sponsor e lo sperimentatore fanno eseguire agli esperti biometristi le analisi dei dati.
L’elaborazione dati fa parte della relazione finale in cui viene descritto tutto il procedimento sperimentale con una particolare attenzione alla metodologia statistica e ai modelli biometrici interpretativi che sono stati adottati.
La corretta osservazione delle varie fasi del proving omeopatico e la relativa raccolta dati permette di garantire pubblicamente la completa affidabilità dei risultati ottenuti. In tal senso lo sperimentatore dovrà rendere noti e disponibili tutti i dati fornendo una documentazione che può essere verificata da altri addetti autorizzati. L’obbiettivo di uno studio clinico non è centrato solo sulla valutazione dell’efficacia del farmaco testato, ma è indirizzato anche a determinarne la tossicità e di conseguenza gli inconvenienti e i rischi. Nel caso del proving omeopatico andrà attentamente valutato il decorso dei sintomi che dovrà rispondere alla necessità di descrivere precisamente gli eventi avversi e di trarne le opportune considerazioni. Questo atto oltre a salvaguardare l’integrità dei volontari, può essere utile a fini statistici e fornire altre ipotesi di ricerca. La normativa europea impone allo sperimentatore la conservazione dei codici di identificazione e di tutto il materiale della ricerca per almeno 15 anni dal termine dello studio.
CONCLUSIONI
Il fatto che la sperimentazione del farmaco omeopatico non debba ottemperare necessariamente alle norme di GCP, non esime il ricercatore a seguirle nell’intento di condurre una ricerca clinica che abbia una validità ufficialmente riconosciuta dalla Autorità Sanitarie Nazionali e dagli Organismi preposti della UE. In vista di una graduale equiparazione in materia legislativa omeopatica tra i paesi UE, ci sembra opportuno arrivare preparati ad affrontare le controversie metodologiche ed epistemologiche sollevate dal mondo scientifico in materia di ricerca omeopatica. Se il ricercatore omeopatico è in grado di effettuare studi affidabili e ben impostati metodologicamente, di garantire la credibilità dei risultati ottenuti e la protezione dei soggetti volontari secondo le norme di GCP, allora potrà venire intesa con meggior competenza la farmacodinamica omeopatica e la validità del proving omeopatico. Le difficoltà maggiori denunciate dagli studiosi e dai ricercatori convenzionali nel recepire le proprietà del farmaco omeopatico risiedono proprio nell’incapacità del ricercatore omeopatico nel trovare soluzioni scientificamente proponibili sul piano sperimentale. La nostra esperienza e i nostri studi hanno evidenziato la possibilità di trovare delle soluzioni in tal senso non solo attraverso la ricerca biologica ma con una sperimentazione omeopatica che segua un protocollo che possegga una metodologia “affidabile” in tutte le sue fasi e in particolare quella che si riferisce alla raccolta e alla elaborazione dati.
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A cura di Sergio Segantini