DALLA RICERCA ALLA PRATICA CLINICA
Le esperienze di integrazione delle medicine complementari (MC) in oncologia sono diversamente modulate in ambito clinico, ma l’approccio più diffuso è quello dell’oncologia integrata, definita come “una scienza e al contempo una filosofia che riconosce la complessità dell’approccio terapeutico al malato di tumore e include una serie di terapie basate su evidenze scientifiche da associare ai trattamenti convenzionali, per favorire il benessere e la salute dei pazienti. (…) Il suo scopo consiste nell’accrescere l’efficacia dei protocolli terapeutici
convenzionali, alleviare i sintomi e migliorare la qualità della vita” (Sagar 2008).
UN FENOMENO IN CRESCITA
Numerosi studi riportano che in Europa un malato di tumore su 3 ricorre alle MC, definite anche CAM (Complementary and Alternative Medicines), non convenzionali (MnC) o integrate (MI), spesso in associazione con le terapie convenzionali. Secondo Molassiotis et al. (2005) il ricorso alle terapie complementari in Europa varia dal 15% al 73% e i trattamenti più utilizzati sono omeopatia, fitoterapia e terapie spirituali. Uno studio svolto in 2 ospedali toscani su pazienti in chemioterapia (Johannessen et al. 2008) ha riportato un’incidenza dell’uso delle MnC del 17% (erbe 52%, omeopatia 30%, agopuntura 13%), mentre secondo un lavoro francese (Trager-Maury et al. 2007) il 34% dei pazienti oncologici utilizza le medicine complementari, soprattutto per ridurre gli effetti collaterali delle terapie antitumorali. Secondo lo studio sull’uso delle MC in pazienti oncologici italiani e sulla percezione del beneficio di queste terapie (Bonacchi et al. 2014), il 37,9% utilizza una o più tipologie di MC: dieta e integratori (27,5%), erbe (10,8%), omeopatia (6,4%) e terapie body-mind (5,5%); inoltre un’alta percentuale di pazienti (66,3%) informa il medico di questa scelta e ne sperimenta i benefici (89,6%).
Si fa ricorso a queste terapie anche in ambito pediatrico. Secondo uno studio italiano sull’uso delle MC nei bambini ricoverati presso l’Istituto dei Tumori di Milano (Clerici et al. 2009), il 12,4% ne aveva utilizzato almeno una, soprattutto per ridurre gli effetti avversi delle cure convenzionali. Nell’ultimo decennio per rispondere alle richieste dei malati di cancro, nei principali ospedali
statunitensi sono stati creati Dipartimenti di oncologia integrata (Dana-Farber Cancer Institute di Boston, Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York e M.D. Anderson Cancer Center di Houston, fra gli altri).
Una recente indagine ha stimato che circa il 20% delle strutture oncologiche europee eroga anche trattamenti complementari (vedi Box 3). L’integrazione fra le terapie è la scelta più ragionevole e giusta, per evitare che i pazienti oncologici facciano ricorso ai trattamenti non “ufficiali” come forma di auto-medicazione, indipendentemente dalle verifiche scientifiche e dai necessari requisiti di qualità e sicurezza, esponendosi al rischio di potenziali interazioni con i farmaci o di ridotta compliance nei confronti dei protocolli antitumorali.
LE PROVE DI EFFICACIA
In questi anni le pubblicazioni scientifiche in materia di oncologia integrata sono progressivamente aumentate. Un’analisi degli studi della letteratura è stata realizzata dalla Rete Toscana di Medicina Integrata all’interno della Joint action EPAAC (European Partnership for Action against Cancer), un’iniziativa della Commissione Europea. Il lavoro ha preso in esame gli studi pubblicati dal 2003 al 31 marzo 2014 sull’impiego in oncologia di 5 medicine complementari (agopuntura/MTC, fitoterapia, omeopatia, omotossicologia e medicina antroposofica, incluse nell’Accordo Stato-Regioni del 7.2.2014).
Gli studi sono stati valutati tenendo conto del sistema di grading della Society for Integrative Oncology (SIO) (Deng et al. 2009), che definisce il grado di efficacia e la forza delle raccomandazioni in base al livello di evidenze scientifiche (A,B,C) e al rapporto benefici/rischi/ oneri (1, 2). Il report conclusivo di questo lavoro si può consultare sul sito di EPAAC, fra i Final Deliverables, alla seguente URL: http:// www.epaac.eu/images/END/Final_Deliverables/D5_Complementary_and_alternative_medicine_CAM_in_cancer_care_development_and_opportunities_of_integrative_oncology.pdf
Su questo tema è in corso di pubblicazione, da parte dell’Azienda sanitaria di Firenze, il libro “Le medicine complementari per il paziente oncologico. Sviluppo e opportunità dell’Oncologia Integrata”, presso Felici Edizioni.
Le maggiori evidenze di efficacia per agopuntura e MTC, come sottolinea la review sistematica del National Cancer Institute (2013), riguardano il trattamento di nausea e vomito post-chemioterapici. Molti studi interessano donne con tumore mammario sottoposte a chemioterapia e terapia antiemetica, cui è stata aggiunta agopuntura in varie forme; altri i tumori del polmone o in varie sedi. Numerose sono le evidenze per nausea e vomito post-chirurgici e post-radioterapici. Il grading SIO assegnato è 1A (forte raccomandazione, evidenza di qualità alta). La stessa efficacia (1A) è attribuita al trattamento con agopuntura, da sola o aggiunta agli analgesici, nel dolore oncologico; fra gli altri si dimostra l’efficacia nel dolore neuropatico, in quello post-toracotomia del carcinoma polmonare, nel dolore articolare da inibitori dell’aromatasi (tumore della mammella), nel tumore pancreatico e del collo.
Numerose revisioni sistematiche concludono che “l’agopuntura può essere un trattamento aggiuntivo importante in pazienti con dolore oncologico, soprattutto nei non responders, pur in presenza di problemi metodologici degli studi”. Alla stessa conclusione giunge il National Cancer Institute statunitense (2013). Per questo le Linee guida inglesi del 2006, le Linee guida della SIO (2009) e quelle della National Comprehensive Cancer Network (NCCN 2013) raccomandano l’uso di agopuntura o digitopressione, insieme agli interventi farmacologici, in un approccio multimodale alla gestione del dolore. Questi interventi integrati, secondo la NCCN, potrebbero essere particolarmente importanti in popolazioni vulnerabili (pazienti fragili, anziani, bambini). Le Linee guida per il tumore polmonare concludono che nel dolore e nella neuropatia periferica, l’agopuntura è suggerita come trattamento aggiuntivo nei pazienti con controllo inadeguato dei sintomi. Il ricorso all’agopuntura è molto diffuso anche nel trattamento delle vampate di calore post-chirurgiche, post-chemioterapiche o in corso di terapia ormonale, nelle donne con tumore di mammella e ovaio e, in misura minore, in pazienti con tumore della prostata.
Le Linee guida di Filshie e Ester (2006) indicano che l’agopuntura dovrebbe essere utilizzata nei tumori di seno, prostata e altri tumori. Le Linee guida della SIO affermano che l’agopuntura non sembra più efficace della falsa (sham) agopuntura per il trattamento delle vampate, ma che questo trattamento deve essere preso in considerazione in pazienti con sintomi gravi e che non rispondono alle cure. Il grado di raccomandazione è 1B (forte raccomandazione, evidenza di qualità moderata).
La review della Cochrane 2013 considera separatamente gli studi in base al gruppo di controllo utilizzato, evidenziando che nel confronto fra agopuntura con sham agopuntura le differenze non sono significative nella frequenza delle vampate, ma che queste ultime erano significativamente meno acute nel gruppo di agopuntura, anche se con una piccola dimensione dell’effetto. Al contrario vi sono effetti positivi quando il gruppo di controllo è costituito da lista di attesa o da nessun intervento.
Molti autori però ritengono che la sham agopuntura non sia un vero placebo, poiché è in grado di determinare effetti simili all’agopuntura e che, quando viene scelta come gruppo di controllo dell’agopuntura vera, possa determinare una sottovalutazione dell’efficacia di quest’ultima. In conclusione, il trattamento con agopuntura può essere promettente per i sintomi della menopausa, soprattutto per donne che non possono assumere la TOS a causa di rischi oncologici o pregresse patologie oncologiche.
Il trattamento della xerostomia da radioterapia, soprattutto in pazienti con tumori di testa e collo, è risultato efficace, con un grading SIO 1B (forte raccomandazione, evidenza di qualità moderata); si è evidenziato anche un aumento della salivazione e un miglioramento della qualità della vita. Le citate Linee guida di Filshie e Ester indicano che la xerostomia può essere trattata con agopuntura in pazienti che non rispondono
ai trattamenti convenzionali.
La letteratura riguarda anche l’uso dell’agopuntura in ansia, depressione e insonnia (grading 2B) e fatica cancrocorrelata (grading 2C).
Per alleviare sintomi frequenti nei pazienti oncologici si possono utilizzare con efficacia anche alcune piante medicinali. Fra le sostanze più studiate il Panax ginseng, e con minori evidenze anche guaranà (Paullinia cupana) e rodiola (Rhodiola rosea) nella fatica cancro-correlata; l’aloe gel (Aloe barbadensis) per la prevenzione delle mucositi; lo zenzero (Zingiber officinalis), per contrastare nausea e vomito post-chemioterapici; l’olio essenziale di lavanda (Lavandula angustifolia) e lo zafferano (Crocus sativus) per mitigare l’ansia e la depressione e Cannabis sativa per il controllo del dolore. È opportuno ricordare che, a differenza di agopuntura e omeopatia, che hanno scarsissimi effetti avversi o interazioni, l’uso delle piante medicinali in oncologia richiede attenzione e competenze specifiche di buon livello. Infatti, fondamentali sono la variabilità della composizione quali-quantitativa della pianta, la risposta individuale del paziente alla terapia, legata a caratteristiche come età, etnia, sesso, peso, patologie concomitanti ecc., la via di somministrazione, le interferenze farmacocinetiche che interagiscono con l’assorbimento, il metabolismo e l’escrezione della sostanza e le interferenze sulla farmacodinamica della sostanza stessa.
A quest’ultimo proposito sono noti gli effetti antagonisti di alcune piante con farmaci comuni (liquirizia e diuretici, vitamina K e anticoagulanti ecc.) e, al contrario, la sommazione degli effetti da parte di altre erbe. Indicativo il caso dell’iperico che ha un buon livello di evidenza nella depressione, ma che non è utilizzato nei pazienti oncologici a causa delle interferenze clinicamente significative con nu merosi farmaci antitumorali. L’eventuale terapia
con estratti di iperico dovrà comunque essere interrotta 15 giorni prima della chemioterapia e/o radioterapia ed essere ripresa alcuni mesi dopo la loro interruzione.
Per l’omeopatia sono stati pubblicati studi positivi soprattutto sul trattamento dei disturbi correlati alla terapia ormonale soppressiva in donne con tumori ormonodipendenti, in particolare cancro della mammella. L’omeopatia può essere utilizzata per ridurre il disagio dei disturbi vasomotori (Clover et al. 2002; Thompson e Relton 2009), ma anche della radiodermite, come sottolineano i lavori pubblicati in letteratura (Balzarini et al. 2000; Pommier et al. 2004), inclusa una review della Cochrane (Kassab S. 2009). È interessante anche il ricorso a un colluttorio omotossicologico per migliorare la stomatite indotta da chemioterapia (Oberbaum et al. 2001).
Si sottolinea a questo proposito l’assenza di effetti avversi rilevanti e di interazioni farmacologiche, che rende particolarmente maneggevole l’uso dei medicinali omeopatici. Ad oggi non esistono prove di efficacia sufficienti sul trattamento della progressione tumorale.
Gli studi sono numericamente limitati e non sempre di buona qualità metodologica. La ricerca sta cercando di identificare i principi attivi che possono interferire con la progressione del tumore come chemiopreventivi, pro-apoptotici, immunostimolanti, citostatici e inibitori della replicazione della cellula tumorale.
Anche i preparati antroposofici a base di vischio (Viscum album) hanno dimostrato, come si evince da un’ampia letteratura, di rafforzare le capacità di difesa dell’organismo malato. Review sull’uso del vischio nei tumori di mammella, polmone, pancreas, colon-retto (Kienle et al. 2009; Kienle 2013; Bar Sela et al. 2013; Troger et al 2014) hanno mostrato risultati positivi in termini di riduzione dei sintomi correlati, come dolore, fatigue, inappetenza e insonnia, e di miglioramento della qualità di vita.
Numerosi sono, infine, gli studi che confermano i benefici del trattamento integrato sulla qualità della vita dei pazienti con tumore.
Per la bibliografia completa sugli argomenti trattati si rimanda al summenzionato Report EPAAC.
LE ESPERIENZE IN TOSCANA
La Regione Toscana ha sviluppato un percorso di integrazione delle medicine complementari nel Servizio Sanitario Regionale che ha permesso l’inserimento di agopuntura, fitoterapia, omeopatia e medicina manuale nei Livelli essenziali di assistenza (LEA) regionali, l’apertura di un centinaio di ambulatori pubblici che erogano circa 35.000 prestazioni annue, l’istituzione della Rete Toscana di Medicina Integrata, struttura di governo clinico presso l’Assessorato alla Salute regionale, e di 3 strutture di riferimento regionale per MTC/agopuntura, fitoterapia e omeopatia.
Questa integrazione rappresenta un elemento di forte garanzia per la salute del cittadino, poiché le MC sono sottoposte alle stesse regole della medicina ufficiale e devono rispondere ai criteri di qualità e di appropriatezza delle prestazioni. In questa cornice è maturata l’esigenza di programmare un intervento “evidence based” al trattamento antitumorale integrato e promuovere la ricerca, allo scopo di chiarire se le terapie complementari abbiano un impatto sulla sopravvivenza dei pazienti oncologici e contribuiscano a migliorarne il benessere e la qualità della vita.
In quest’ambito si colloca il lavoro per il progetto europeo EPAAC poc’anzi descritto. In modo non specificamente formalizzato, tutti gli ambulatori toscani di MC erogano prestazioni ai pazienti oncologici che, per vari motivi, vi si rivolgono. In alcune Aziende sanitarie della regione sono state avviate delle esperienze di collaborazione fra le U.O. di Oncologia e le strutture pubbliche di medicina complementare, che sono in grado di offrire ai cittadini informazioni su vantaggi e svantaggi dell’uso delle terapie complementari in questo contesto e proporre semplici protocolli per sostenere il paziente durante la chemio e la radioterapia, dopo l’intervento chirurgico, nella fase della terapia ormonale e in generale per migliorare la qualità della vita.
A questo proposito ricordiamo: la Struttura di riferimento regionale per la MTC e le MC “Fior di Prugna” dell’Azienda Sanitaria di Firenze; l’Ambulatorio “Medicine complementari e alimentazione in oncologia”, promosso dall’Ambulatorio di omeopatia e dalla U.O. Oncologia dell’ASL 2 Lucca; la Struttura di riferimento regionale per la fitoterapia-CERFIT dell’AOU di Careggi; il Dipartimento di Oncologia-SOD Anestesia e Terapia Intensiva della AOU di Careggi, la Breast Unit dell’AOU di Pisa; il Centro di medicina integrata dell’ospedale di Pitigliano, ASL 9 di Grosseto.
UN WORK IN PROGRESS
La letteratura evidenzia che le medicine complementari possono essere applicate con efficacia sul paziente oncologico nelle situazioni cliniche descritte. Questi sviluppi della ricerca, che resta un work in progress, accrescono la possibilità di realizzare un approccio terapeutico integrato per il paziente oncologico, il quale, come tutti i cittadini, ha il diritto di usufruire delle terapie complementari, se avvalorate da prove di efficacia e con un buon profilo di sicurezza.
In questo percorso verso l’integrazione è fondamentale lo scambio di conoscenze ed esperienze ed è quindi importante che i medici, in primis gli oncologi, e gli operatori sanitari impegnati in ambito oncologico siano correttamente informati sui benefici potenziali delle medicine complementari.
Il tumore è una patologia sistemica e multifattoriale e in quanto tale può trarre beneficio dall’impiego sinergico di più terapie.
L’approccio multidisciplinare è la strada da perseguire, con l’obiettivo di selezionare sempre la migliore terapia per ciascun paziente e di attuare una reale “comprehensive cancer care”.