I TRAUMI IN OMEOPATIA di Simona Mezzera
Come già detto in altre occasioni e come ormai è conosciuto da chi si interessa di omeopatia, quest’ultima cura con sostanze che provengono dal mondo minerale, vegetale e animale. Ogni rimedio che fa parte della farmacopea omeopatica, è stato “provato” (proving) da individui sani che l’hanno assunto, in dosi infinitesimali, regolarmente fino al momento in cui hanno iniziato a sviluppare sintomi nuovi. Questi venivano poi registrati e sistematizzati secondo la zona del corpo in cui si erano presentati.
Ogni minerale, pianta e animale ha una sua struttura che è influenzata oltre che dalla sua specie anche dal luogo in cui si trova e cresce e quindi dalle influenze esterne a cui è sottoposta. Come se fosse un condensatore di un tipo di energia che si materializza in una data forma, che viene poi rilasciata nel momento in cui si prepara il rimedio diluendolo e dinamizzandolo.
Ognuno di questi ha delle peculiarità che vengono utilizzate per curare quegli individui che nell’arco della propria vita andranno a manifestare sintomi simili a quelli che provoca (similia similibus curentur).
I rimedi che vengono sommariamente identificati come utili per i traumi hanno, come si può facilmente dedurre da quanto detto, una complessità maggiore rispetto al motivo per cui vengono usualmente adoperati.
Sviluppano infatti nell’organismo sano una sintomatologia a più livelli, compreso quello emotivo, di cui bisogna tener conto quando li si somministra; oltre a riflettere sul fatto che sono sostanze che portano già in sé l’informazione traumatica anche se questa non si è ancora manifestata.
Per esempio un soggetto che presenta le caratteristiche del rimedio Arnica può essere protetto dai traumi se glielo si somministra senza che si sia ancora presentato l’evento fisico.
In omeopatia esistono tanti rimedi utili per i traumatismi, la maggior parte sono piante, fra questi ne abbiamo scelti cinque. Alcuni vengono utilizzati ormai in modo routinario a volte senza conoscerne a pieno gli effetti, altri li abbiamo inseriti perché legati a traumi specifici.
Aconitum napellus: appartiene alla famiglia delle Ranuncolace. Una delle peculiarità di questa pianta è la radice che cresce in profondità, ha forma di tubero e ogni anno dopo aver dato vita al fusto muore lasciando una ferita che cicatrizza e dalla quale l’anno successivo ha origine una nuova. Anche il fiore ha una forma particolare con un sepalo superiore più alto che avvolge come un cappuccio il resto. Vive in posti rocciosi o argillosi. Il mito narra che sia nata dal terreno su cui cadeva il sangue di Prometeo il cui fegato veniva divorato durante il giorno da un’aquila. Il racconto può essere equiparato, in parte, alla narrazione biblica legata al peccato originale con la conseguente cacciata dal Paradiso terrestre e l’inizio della sofferenza e della conoscenza di vecchiaia e morte.
Il legame con quest’ultima è dato anche dalla presenza nella pianta di uno dei veleni vegetali più potenti che si conoscono, l’aconitina, la cui azione a livello della respirazione, compresa quella cellulare, provoca uno stato di anossia.
Nel rimedio si trova una violenza di azione e un’immediatezza dei sintomi che vale per ogni organo. A livello emotivo i disturbi caratteristici sviluppati nel proving, sono l’ansia con irrequietezza e la paura di morire, la persona ha un’espressione ansiosa sul volto tipica degli stati in cui è colpito il processo respiratorio essenziale per la vita. Non a caso l’habitat naturale della pianta è l’alta quota dove la presenza di ossigeno è minore. È ipersensibile agli stimoli di qualsiasi natura che sono percepiti con un drammatico senso di pericolo. Questa sensazione di vulnerabilità ricorda la radice rigonfia estremamente fragile e delicata, è da lì che proviene la paura oltre a essere la zona in cui si concentrano maggiormente le sostanze velenose.
Il tema della morte è particolarmente presente nella gravidanza e nel parto. Anche in questo caso il richiamo alla radice viene spontaneo, lì dove muore quella principale inizia la vita della successiva. Il trauma primario può essere infatti in alcuni soggetti identificato nel parto. In presenza di storie in cui alla nascita si sono manifestati ipossia e soffocamento c’è la possibilità di presentare nel corso della vita, sintomi importanti in situazioni che ricordano, anche in forma attenuata, la sensazione originaria.
Può essere utile anche nelle conseguenze da incidenti soprattutto nella fase acuta in cui si possono presentare insonnia, con sogni legati all’evento, paura a risalire in auto, ansia, crisi di panico. A livello fisico le conseguenze di uno shock possono dare differenti sintomi: da cefalee con testa calda, mal di stomaco, epatiti acute, ritenzione urinaria, aborti, amenorree.
Arnica: appartiene alla famiglia delle Composite, fra i fiori più nuovi della catena evolutiva, caratterizzati da piccole in-florescenze che insieme formano un fiore più grosso. Alcuni utilizzano l’analogia dello sviluppo dei fiori delle Composite con quello della neocorteccia. Possono anche simbolizzare, da un altro punto di vista, lo sviluppo della società dove da piccole unità si va a costituire una grande unità.
Nella medicina popolare questa famiglia viene usata per traumi, shock, ferite e bruciature.
Anche in omeopatia molti rimedi che appartengono alle Composite, hanno la caratteristica di presentare sintomi dopo shock e traumi oppure sono rimedi che tendono a farsi facilmente male. Se pensiamo alle piante sono caratterizzate da una radice delicata e da larghi fiori a volte con radici troppo deboli per sostenerli. Un fiore grosso che quindi non è radicato fortemente al suolo e può essere facilmente esposto agli eventi esterni.
L’arnica è una pianta alpina, cresce in luoghi dove accadono incidenti e cadute e dove si è lontani da qualsiasi assistenza.
Il rimedio sviluppa nella persona sana una sintomatologia che naturalmente spazia da quella fisica a quella emotiva, con la comparsa di una particolare ostinazione, di una resistenza verso il mondo intero, il pensare di saperne più degli altri e di avere un grande compito da svolgere. Si spinge a volte oltre le proprie possibilità, le proprie riserve e non si ferma quando dovrebbe perché sente che potrebbe essere pericoloso per la propria sopravvivenza. Come se fosse in prima linea, dove è importante andare avanti e essere forti. Bisogna esserlo, secondo lei, in tutte le situazioni, e quando si ammala manda il medico a casa e dice di stare bene. Tende a avere una storia di traumi e a mettersi in situazioni in cui si fa male anche come difesa verso l’eccessivo sforzo a cui si sottopone.
Il corpo è ipersensibile e non vuole essere toccato, come se il tatto fosse un trauma, il letto gli sembra sempre troppo duro. Sobbalza nel sonno per sogni paurosi dopo traumi o incidenti. Ha paura come del resto Aconitum, della morte improvvisa.
Calendula officinalis: appartiene alla famiglia delle Composite. Cresce in terreni incolti e di scarico, sia i semi sia la pianta crescono velocemente, anche i fiori sfioriscono in tempi brevi lasciando posto al successivo, denotando una urgenza proliferativa che è visibile anche nel fatto che appena il seme tocca il terreno appare in poco tempo la prima foglia.
Per questa sua attitudine veniva usata per suggellare amore eterno e nei cimiteri come simbolo della vita eterna. L’apertura e la chiusura del fiore è in relazione con il sole di cui segue la direzione (eliotropo). Come tutte le piante eliotrope è collegata al mito del dio Sole e al suo innamoramento per Leucotoe figlia del re Persiano Orcamo. Quando quest’ultimo venne a sapere della loro relazione da Clizia, innamorata del dio Sole, uccise la figlia. Clizia sofferente per l’odio che il dio aveva sviluppato verso di lei si sedette da sola per terra guardando ogni giorno il carro del Sole che passava nel cielo fino a quando, consumata dal dolore, si trasformò nel girasole simbolo delle piante eliotrope. È quindi una pianta legata anche alla sofferenza, alla gelosia e all’obbedienza.
Le persone che necessitano di questo rimedio hanno sintomi a livello emotivo quali poca fiducia in se stesse, difficoltà a superare un trauma e paura che possa succedere qualcosa. Sono ansiose sulla propria salute e si spaventano facilmente. Nelle relazioni non hanno calore e usano spesso parole taglienti, sono come la pianta che non ha risorse relative al sole, al calore, da cui dipende totalmente.
Le ferite che si presentano e su cui può essere utile sono quelle estremamente aperte, dolorose, logore o suppuranti, il suo uso infatti previene il pus e ne aiuta la chiusura. L’urgenza proliferativa della pianta trova in questo ambito la sua funzione.
Hypericum perfoliatum: fa parte delle Guttifere, molte piante di questa famiglia hanno ghiandole che secernono oli essenziali, grassi e resine.
È perenne, eretta con foglie con piccoli buchi che si evidenziano quando vengono messi controluce, hanno piccoli fiori gialli. Preferiscono terreni sabbiosi e secchi esposti al sole e crescono spontaneamente.
È chiamata anche erba di San Giovanni in quanto fiorisce intorno al 24 giugno data in cui il Santo fu decapitato. Quando vengono schiacciati i petali gialli sembra che sanguinano.
Tutta la pianta ha a che vedere con il trauma: i piccoli fori della foglia, il liquido rosso che esce dai petali e il fatto che la fioritura sia in vicinanza del giorno di San Giovanni; tra l’altro si consiglia la raccolta proprio in quei giorni per la preparazione dell’olio utile in caso di bruciature.
Nel periodo delle Crociate veniva usata per curare le ferite e si metteva sotto il cuscino in quanto si credeva che provocasse sogni in cui il Santo compariva e dava la sua benedizione, se questo succedeva lo si considerava come un segno di protezione. Nel Medioevo veniva usata per allontanare i demoni, le streghe, gli spiriti.
Nel rimedio è tutto veloce, può essere utile per bambini precoci con sensi acuti che non tollerano il dolore, hanno paura del dentista e delle iniezioni. Sensazione di fretta come se dovesse fare tutto velocemente, come se ci fosse un’urgenza, come se la vita fosse breve. Confusione la mattina alzandosi, sulla loro identità, sensazione di dualità, di non stare nel letto, ma di fluttuare nell’aria, sentono voci di persone morte. Paura dei movimenti verso il basso, per esempio si può pensare a questo rimedio per i bambini che piangono quando li si mette nella culla per lo spostamento dall’alto al basso.
È utile per quei traumi in zone ricche di terminazioni nervose (dita delle mani e dei piedi, matrice delle unghie, coccige, testa e spina vertebrale). Nelle convulsioni dopo trauma cranici, nelle ferite penetranti e veniva usato nella prevenzione del tetano.
Opium: appartiene alla famiglia delle Papaverace, hanno fusti e foglie che contengono uno sviluppato sistema di canali secretori che producono un liquido giallo, lattiginoso o acquoso. Il sole è importante per la sua crescita, i giorni corti inibiscono la produzione dell’alcaloide.
Conosciuta fin dagli Egiziani il suo uso diminuì nel XIV secolo in Europa sotto l’influenza dell’Inquisizione, come ogni prodotto che proveniva dal mondo orientale veniva infatti collegata al diavolo. Persiani e Indiani iniziarono a usarla per scopo ricreativo nel 1600.
Il cervello produce sostanze simili alla morfina che vengono chiamate endorfine (morfine endogene), usualmente lo stimolo doloroso arriva direttamente alla coscienza e domina il comportamento; con la secrezione delle endorfine l’organismo agisce non considerando il dolore e lo stress.
Per questo motivo alcune persone durante la battaglia o gli incidenti non sentono il dolore. Anche queste sostanze, come l’oppio, possono portare a dipendenza per cui alcune persone tendono a mettersi continuamente in situazioni che stimolano la loro liberazione: come l’attività fisica intensa, il digiuno o le abbuffate alimentari.
Da un punto di vista simbolico il papavero è ricco di allusioni che da una parte riguardano il legame materno e dall’altra la morte e la rinascita. È un attributo di Demetra (che in greco significa madre).
Un mito racconta che dopo la scomparsa della figlia, trovò conforto nel giovane ateniese Mecone. Dopo la sua morte Demetra lo trasformò in papavero proprio per la sua capacità nell’alleviare il dolore.
Demetra inoltre rappresenta l’istinto materno nella sua complessità fisica, emotiva e spirituale (Misteri Eleusini). Anche il latte secreto dalla pianta rinforza questa analogia. Inoltre Demetra rappresenta ”la terra in cui la trasmutazione della nascita, della morte, l’oblio e la resurrezione si attuano”.
Come rimedio può essere quindi utile nel momento del parto dopo gravidanze in cui si sono stati episodi di shock. In situazioni traumatiche importanti infatti si liberano grosse quantità di endorfine che passano la placenta.
Il neonato può quindi essere sonnolento, poppare poco, con difficoltà a recuperare il peso della nascita, può presentare ernie ombelicali e stitichezza.
Dall’altra parte la nascita in quanto tale può essere vissuta come un trauma, come la perdita del Paradiso, un sintomo infatti che può comparire nel proving di Opium è la sensazione illusoria di essere via di casa e di volerci tornare, come se non ritrovasse quella sensazione di caldo, rassicurazione, riposo che aveva ricevuto nell’utero.
È utile anche nei momenti di allontanamento dei figli, nelle cosiddette “depressioni da nido vuoto”. Come Demetra dopo la scomparsa di Persefone vaga senza posa, non mangia e non cresce nulla sulla terra così può essere utile per madri che dopo la separazione da un figlio reagiscono con depressione e apatia. In Opium compare il disinteresse a tutto, la letargia, la voglia di tornare al Paradiso perduto. La reazione al trauma è più quella di “volare” chiudendosi in un mondo irreale piuttosto che combattere.
Ritornando al parto può essere utile in quelle situazioni in cui il bambino o la madre rischiano la vita, in cui il corpo e l’anima si separano e quando tornano in una situazione di vita la loro connessione li fa sentire come in un sogno. C’è mancanza di reattività, analgesia, in genere non chiedono nulla come se non avessero desideri.
Staphisagria: come Aconitum appartiene alla famiglia delle Ranuncolace. Cresce in posti aperti e esposti sopra i 3000 metri. Si nota per l’altezza e l’eleganza, viene infatti chiamata la “Regina dei bordi”. Il suo sviluppo verso l’alto è anche la sua debolezza, in quanto il fusto vuoto è troppo debole per portare la pesantezza dei fiori che si piegano facilmente quando non sono protette dal vento.
È una pianta collegata al mito di Giacinto, bellissimo ragazzo amato da Apollo e Zefiro (dio del vento). Giacinto preferendo Apollo scatenò la gelosia di Zefiro che lo uccise. Apollo addolorato trasformò il sangue che usciva dalla ferita in un fiore blu scuro con dei segni sui petali che ricordano un “ai, ai”.
Il fiore doveva dare a Giacinto l’immortalità rifiorendo ogni primavera. Oltre a questo racconto è collegato a altri miti e leggende in cui sono protagonisti eroi e divinità coraggiose e addolorate.
Il rimedio è caratterizzato dalla sensazione di essere superiore agli altri (la Regina dei Bordi), con la consapevolezza però di avere il “fusto vuoto”, come si diceva della pianta che non riesce a sostenere il fiore.
Per cui una delle sue paure è quella di perdere il controllo e di mostrare agli altri la propria debolezza.
Inoltre è molto sensibile alle ferite emotive, si offende facilmente, si indigna e difficilmente per orgoglio mostra i suoi sentimenti. Per questo motivo diventa uno dei rimedi principali delle conseguenze da rabbia trattenuta.
È utile nelle storie di abusi fisici e emotivi e in tutte le situazioni dove la persona si è sentita in qualche modo violentata senza aver potuto o voluto reagire.
Naturalmente al di là di questi pochi rimedi descritti in modo circoscritto per quanto riguarda la loro influenza sui traumi, ne esistono tanti altri che andranno scelti con una maggiore conoscenza dello stato costituzionale e reattivo del soggetto.
Volevo solo dare un piccolo esempio di alcuni di quelli che vengono comunemente somministrati, anche da molti operatori sanitari, a volte senza tenere in considerazione la loro azione più ampia e le loro differenze.
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